I dazi di Trump. Protezionismo inaccettabile. Pomodoro prodotto simbolo del Made in Italy agroalimentare
«I prodotti Dop sono i più colpiti»
Incredulità e preoccupazione: sono i due sentimenti che gli imprenditori italiani manifestano dopo la minaccia americana di imporre dazi fino al 100% su 90 prodotti importati, di cui 75 prodotti o preparati alimentari.
«Siamo preoccupatissimi – esordisce Vittore Beretta, presidente dell’omonimo gruppo degli insaccati -. Abbiamo negli Stati Uniti due stabilimenti produttivi ma che non ci mettono al riparo dagli inasprimenti dei dazi. Le specialità italiane, dal Parma al San Daniele, dobbiamo produrle necessariamente nel nostro Paese: sono prodotti a Denominazione».
Per il gruppo Beretta gli Stati Uniti generano il 20% del fatturato: sarebbe a dire 100 milioni di euro di salumi a rischio dazio. «Spero che l’amministrazione americana non introduca i dazi – aggiunge Beretta – ma se lo facesse è facile intuire che ci sarebbero delle ritorsioni europee. Il paradosso è che, recentemente, sono stati proprio gli americani a spingere per le sanzioni commerciali alla Russia. E ora diventano protezionisti con gli europei».
Poi l’imprenditore brianzolo coglie un altro paradosso: «Gli Stati Uniti hanno recentemente rimosso le barriere all’import del prosciutto di Carpegna e la mia azienda, da un anno, ha iniziato a salare le cosce da esportare negli Usa dal prossimo settembre. Giusto in tempo per i dazi».
Grande preoccupazione anche tra i produttori di pomodoro. Per il presidente dell’Associazione delle imprese delle conserve alimentari vegetali (Anicav), Antonio Ferraioli, «la minaccia è concreta, anche se sappiamo che i dazi potrebbero colpire a rotazione i prodotti dell’elenco. Auspico che la commissione Ue rimuova il contenzioso sulle carni all’ormone, per togliere ogni pretesto agli americani».
Giovanni De Angelis, direttore di Anicav, sottolinea che l’allarme rosso era scattato già da qualche mese. «Abbiamo manifestato le nostre preoccupazioni – ricorda – già al tavolo dell’agroalimentare del ministero dello Sviluppo economico, con il sottosegretario Ivan Scalfarotto. Per noi programmare la campagna del pomodoro di agosto e settembre con lo status quo è diverso che prevederla con i dazi americani».
Per i produttori il mercato americano vale 90 milioni di euro. «Ovvio che se il nostro prodotto diventa meno competitivo sul prezzo – spiega De Angelis – se ne avvantaggino i produttori californiani. Un fatto grave anche perchè il pomodoro è il simbolo del made in Italy ed è una sorta di volano per tante altre specialità».
Nell’occhio del ciclone anche i produttori di acque minerali. In particolare S.Pellegrino che ha negli Stati Uniti uno dei principali mercati esteri.
L’azienda, senza fornire dati sul peso del mercato a stelle e strisce («non abbiamo mai fornito numeri di nessun mercato» ricorda il portavoce), si limita a comunicare che il gruppo delle acque minerali, che fa capo a Nestlé, non prende posizione sul tema dei dazi ma «auspica che Usa e Ue possano trovare una rapida soluzione alla controversia. Come già avvenuto in passato».
Nel 2016 l’export complessivo di acque minerali italiane nel mondo ha sfiorato i 500 milioni. Di cui 230 milioni sono stati fatturati nel ricco mercato a stelle e strisce.
Il bilancio consolidato 2015 di Sanpellegrino non fornisce informazioni sul mercato Usa ma sottolinea che i ricavi sono balzati del 41% rispetto all’anno precedente.
Curiosamente per Sanpellegrino scatta l’allarme negli Stati Uniti quando non è del tutto chiaro se sia cessato in Ungheria. In questo Paese il governo di Viktor Orbàn ha dichiarato guerra ai simboli del comunismo, compresa l’innocua stella rossa del brand S.Pellegrino. Ma da Milano sostengono che la società sarebbe stata esclusa da questo pasticcio.