#SiamoInCampo #AnicavDiceNo

L’indagine che Stefano Liberti e Fabio Ciconte hanno condotto su Internazionale sulle c.d “aste a doppio ribasso” sta favorendo un dibattito che speriamo porti a qualche soluzione.

Le aste online rappresentano un elemento di grande criticità per tutta la #filiera, ma in particolare per le nostre aziende di trasformazione che si vedono costrette a pagare tutti gli effetti negativi della pressione sui prezzi. Chi oggi vuole ancora teorizzare l’applicazione di un processo automatico che vede l’industria ribaltare sui fornitori di #pomodoro le proprie perdite e, di conseguenza, “costringere” a ricorrere a forme di “lavoro irregolare” e di “sottosalario”, non conosce (o fa finta di non conoscere), evidentemente, le “regole d’ingaggio” della nostra #filiera.

È utile ricordare, senza alcuna possibilità di essere smentiti che, il prezzo del #pomodoro pagato dalle aziende italiane di trasformazione, ancor di più nel Bacino Centro Sud, agli agricoltori/fornitori è il più alto al mondo, naturalmente tenendo conto del più elevato livello qualitativo della materia prima rispetto a quella degli altri Paesi produttori. Resta comunque il più alto al mondo! Anche se non tutta la Grande distribuzione fa ricorso a queste pratiche di acquisto, gli effetti che ne derivano si ripercuotono sull’intero sistema: il prezzo che viene fuori dall’asta diventa, infatti, prezzo di riferimento, configurandosi come pratica sleale che favorisce fenomeni speculativi. C’é bisogno, quindi, di un intervento normativo che stiamo chiedendo da tempo come #ANICAV.

L’Associazione ha sostenuto ed accompagnato le due Interprofessionali del #pomodoro da industria italiane che, a gennaio 2018, hanno presentato al MIPAAF un’istanza di riconoscimento di un regime facoltativo di certificazione per il #pomodoro, in corso di istruttoria. Obiettivo della certificazione volontaria, per la quale abbiamo proposto con successo di attribuire l’acronimo CE.R.TO. (Certified Responsible Tomato), è quello di valorizzare la qualità del #pomodoro da industria italiano garantendo l’applicazione e la diffusione di metodi sostenibili sotto il profilo ambientale, sociale ed etico e, nel contempo, rafforzare il potenziale competitivo delle imprese che adottano comportamenti virtuosi e sistemi produttivi rispondenti alla crescente domanda di sicurezza alimentare, di sostenibilità sociale e ambientale. Nel Disciplinare che accompagna la domanda di certificazione è stato, inoltre, introdotto l’impegno delle parti a “promuovere l’utilizzo di schemi di certificazione etica quali, per esempio, la Rete del Lavoro Agricolo di Qualità in conformità a quanto previsto dall’art. 6, DL 91/2014, convertito con modificazioni dalla L. 116/2014 o altri strumenti equivalenti aventi lo stesso scopo”. Ciò consentirà di favorire migliori relazioni di mercato e di elevare il grado di sicurezza alimentare assicurando una sempre più elevata trasparenza nei rapporti con il consumatore. Riteniamo, infatti, che l’interesse del consumatore non può e non deve essere salvaguardato esclusivamente abbassando i prezzi: è necessario il rispetto dell’etica nel lavoro e nelle relazioni commerciali, tenendo ben ferma la qualità delle produzioni.

L’Associazione ha, inoltre, commissionato al Dipartimento di Economia della Seconda Università Luigi Vanvitelli di Napoli uno studio finalizzato allo sviluppo di un modello di analisi del costo industriale di produzione di pelato, polpa e passata. Lo studio, che verrà presentato a breve, potrà fornire un utile strumento di gestione nei rapporti tra aziende e GDO. Più che proclami e posizioni strumentali, noi siamo abituati a “metterci la faccia” impegnandoci, pur con i nostri limiti, a cercare di dare soluzioni ai problemi. Sulla questione “caporalato”, di cui il #pomodoro da industria sembra prendersi “tutto il carico” è utile ricordare che l’obbligo di raccolta meccanica prevista nei contratti a partire dalla campagna 2016 – la raccolta meccanica ha raggiunto il 90/95% nel Bacino Centro Sud e il 100% in quello del Nord – e l’attivazione di percorsi finalizzati alla diffusione di una certificazione etica delle aziende agricole (GlobalGap–Grasp) – che rappresenta uno importante strumento per definire un sistema di salvaguardia sia nei confronti della legislazione vigente che dei consumatori – sono sicuramente due risposte concrete che l’industria sta dando per la risoluzione del problema. Le maggiori criticità restano – come evidenziato anche nell’ambito del Tavolo Tecnico nazionale sul #pomodoro, attivato presso il MiPAAF – il trasporto e gli alloggi per i lavoratori (problematiche squisitamente sociali più che esclusivamente agricole o industriali).

Per quanto riguarda la gestione del trasporto si potrebbe immaginare di organizzare delle linee di trasporto pubblico che possano portare i braccianti fino ad “aree di servizio attrezzate” appositamente create in cui far confluire i lavoratori e dalle quali gli stessi possano poi essere trasportati ai campi di raccolta attraverso “servizi navetta” organizzati dalle OP o dalle cooperative agricole.

Per questo sarà indispensabile il coinvolgimento di tutta la #filiera e soprattutto un’azione forte e responsabile delle Istituzioni locali e regionali e del Governo centrale. Sul discorso degli alloggi e dell’esigenza di reclutare lavoratori in tempi brevi anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, può essere utile mettere in campo le azioni già individuate dal Commissario Straordinario del Governo per l’area del Comune di Manfredonia, Prefetto Rolli, cui come Associazione abbiamo offerto la massima collaborazione ed il massimo sostegno.

Ora c’è bisogno di contribuire, tutti insieme, a dare risposte concrete ai problemi. Fare coesione per competere, nell’interesse di tutti.